Rigenerazione urbana, la soluzione è l’edilizia sociale
28-10-2019
In Italia ci sono 750mila immobili in stato di abbandono da riqualificare
Oltre 750mila immobili in stato di abbandono, 6mila chilometri di ferrovie inutilizzate e circa 1.700 stazioni, in aggiunta a strutture pubbliche come ospedali, caserme e sanatori vuoti. Sono questi gli ultimi dati Istat, esaminati nel corso del convegno “Obiettivo Social & Smart City” organizzato a Milano da Aspesi.
Tra le strutture immobiliari abbandonate in Italia ci sono palazzi, ville, edifici ecclesiastici e struttura industriali, tutti immobili che potrebbero essere recuperati in nome della rigenerazione urbana, seguendo la filosofia delle smart cities.
Rigenerazione urbana, serve colmare il vuoto
Il prefetto Riccardo Carpino, direttore dell’Agenzia del Demanio, ha dichiarato che, nel caso di un immobile pubblico non più utilizzato, il primo passo è «innescare un percorso di riqualificazione che possa ridare vitalità a questi vuoti urbani, spesso a rischio di degrado». L’obiettivo è cercare di dare nuova vita a questi beni, a fronte del cambio delle esigenze delle amministrazioni statali, ad esempio nel caso delle caserme, oggi meno utilizzate.
Dare una seconda vita a questi immobili significa non solo restituirli alla città con nuove funzionalità, ma anche produrre una serie di effetti positivi sul territorio, portando crescita economica e sociale e garantendo maggior sicurezza.
In questo senso, secondo il prefetto Carpino, resta fondamentale il rapporto con le istituzioni locali. Dieci anni fa è stato trasferito ai Comuni un patrimonio immobiliare del valore stimato di circa 15 miliardi di euro. A fronte delle limitate capacità finanziarie degli enti locali, molti di questi beni sono rimasti congelati, in attesa di un piano di valorizzazione.
Immobili abbandonati, le possibili destinazioni
Ma quali possibili destinazioni potrebbero avere questi immobili congelati? Secondo Emanuele Ottina, presidente di Alternative Capital Partners Sgr, la soluzione è rappresentata dalla conversione di questi immobili in infrastruttura immobiliari sociali.
«Nel nostro paese – spiega Ottina – l’offerta immobiliare è costituita da strutture per larga parte obsolete, inadeguate in termini di standard strutturali, di dotazioni energetiche e di servizi offerti rispetto alla media europea. Ad una ripresa costante delle transazioni e dei volumi in questi segmenti, non è seguita ancora una pari ripresa dei prezzi che restano stagnanti; ciò apre interessanti opportunità d'investimento in immobili da riconvertire in infrastrutture immobiliari sociali, valorizzando e gestendo le stesse attraverso format innovativi quali il coworking, lo student housing, l’hostelling ed il co-living, che contribuiscano alla rigenerazione urbana e al nuovo modo di vivere gli spazi delle giovani generazioni».
Il problema, però, è che manca una legge ad hoc. Il presidente Aspesi Federico Filippo Oriana ha dichiarato, nel corso del convegno, che ad oggi in Italia manca una norma che abbia il chiaro obiettivo di promuovere e agevolare la riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente. «Per questo motivo Aspesi ha deciso di dedicare un grande evento al confronto tra istituzioni e operatori privati con lo scopo di individuare un percorso che possa rispondere in maniera efficiente alle problematiche relative al fabbisogno abitativo e, al tempo stesso, a quelle di riqualificazione dei patrimoni e dei territori da rigenerare anche in chiave sociale».
La soluzione del social housing
Paola Delmonte, chief business development officer di Cdp (Cassa depositi e prestiti), non ha dubbi: il social housing sarà cruciale per il futuro del patrimonio immobiliare. Il mondo che ruota attorno al social housing, includendo anche lo student housing, movimenta un volume di circa 3 miliardi di euro, di cui 2 allocati nel fondo nazionale. «Di questi – spiega – oltre la metà sono destinati a 214 progetti, di cui 130 già realtà concrete, con 6000 alloggi e 3mila posti letto (il 10% destinato a 12 strutture di student housing). L’84% di questi interventi sono di brownfield».
A fronte di un fabbisogno importante (si parla di 440 milioni di famiglie nel mondo che nel 2025 avranno disagi abitativi legati a case inadeguate, insicure e sovrappopolate), sarà importante nei prossimi anni che fondazioni ed enti previdenziali collaborino con le istituzioni per sviluppare iniziative valide. Tra queste c’è senz’altro il Piano Rinascita Urbana, recentemente varato e attivo dalla fine del 2020, che prevede un miliardo di euro destinato alla realizzazione di interventi di rigenerazione urbana con finalità sociale. Al Piano potranno concorrere operatori privati e fondi di investimenti.
Fonte: Il Sole24Ore